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GARE SULLE PICCOLE DERIVAZIONI: DUBBI SULL’APPLICABILITÀ DELLA BOLKESTEIN

La Corte Costituzionale, intervenendo nella controversia apertasi tra Governo e Regione Emilia Romagna – la quale con Legge Regionale aveva considerato di inserire una proroga alla durata delle concessioni per consentire agli impianti che ne beneficiano la completa fruizione degli incentivi GSE – ha rimandato alla  Corte di Giustizia Europea  di esprimere il proprio parere, in particolare sul fatto se la direttiva servizi sia o meno applicabile alle concessioni di piccola derivazione.


Di seguito i pareri in merito degli illustri legali, Ambrogio Papa e Giovanni Battista Conte, del team di Assoidroelettrica, che si ringraziano entrambi fin da ora per la preziosa e continuativa collaborazione.


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LA CORTE COSTITUZIONALE HA RIMESSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA ALCUNE RILEVANTI QUESTIONI SULL’APPLICABILITÀ DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN AL SETTORE DI PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA.


La pronuncia ha una indubbia rilevanza “di sistema” perché affronta la questione relativa all’applicabilità della Direttiva Servizi e dei principi di concorrenza ai rinnovi delle piccole derivazioni idroelettriche. In particolare, a monte, la Corte costituzionale dubita che l’art. 12 della Direttiva Servizi possa trovare applicazione al settore della produzione dell’energia elettrica, che non potrebbe essere ritenuto un “servizio” ma – piuttosto – sarebbe riconducibile ad un’attività di “produzione di un bene”
Corte costituzionale rende veramente importante la questione.


Avv. Giovanni Battista Conte


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LA CORTE COSTITUZIONALE DUBITA CIRCA L’APPLICABILITÀ DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN ALLE CONCESSIONI PER PICCOLE DERIVAZIONI IDROELETTRICHE.


La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 161 del 07.10.2024, ha rivolto alla Corte di Giustizia europea tre quesiti, concernenti l’applicabilità della Direttiva 2006/123/CE (cd. Direttiva Bolkestein) alle concessioni per piccole derivazioni idroelettriche.
Il Presidente del Consiglio dei ministri aveva impugnato l’art. 3 della legge della Regione Emilia-Romagna n. 17 del 2023, che dispone una proroga legale della durata di concessioni di piccole derivazioni idroelettriche, alle seguenti condizioni: (i) che vi sia l’istanza da parte del suo titolare; (ii) che la proroga serva a utilizzare integralmente l’incentivo ottenuto dal titolare della concessione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; (iii) che il periodo di proroga, sommato alla durata originariamente prevista per la concessione, non superi i trent’anni, vale a dire il termine massimo previsto dal R.D. n. 1775 del 1933.


Il ricorso contestava, oltre alla ingerenza regionale in materie di competenza dello Stato secondo il riparto costituzionale, la violazione dell’obbligo di gara previsto dall’art. 12 della Direttiva Bolkestein laddove vi sia un limitato il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili.
La Consulta ravvisa dubbi interpretativi proprio con riferimento alla possibilità che il perimetro della Direttiva Bolkestein ricomprenda le concessioni di piccole derivazioni idroelettriche e ritiene di dover promuovere un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea.


In particolare, mediante tale rinvio si chiede innanzitutto che venga chiarito se l’attività di produzione di energia, mediante impianti connessi a piccole derivazioni idroelettriche, sia qualificabile come prestazione di un servizio o come produzione di un bene. Gli impianti idroelettrici sfruttano l’energia dell’acqua per produrre energia elettrica, che il diritto comunitario sembra qualificare, non diversamente dai diritti nazionali, alla stregua di un bene (o merce o prodotto): infatti, i piccoli impianti di derivazione idroelettrica svolgono una funzione di mera produzione dell’energia elettrica, finalizzata talora alla sua cessione, attraverso l’immissione nella rete, talora alla sua destinazione, in via prevalente, se non esclusiva, all’autoconsumo. A conferma di ciò, il diritto dell’Unione europea ha previsto una disciplina ispirata all’esigenza di separare la produzione di energia da attività sicuramente riconducibili a prestazioni di servizi, quali: la trasmissione, lo stoccaggio, la distribuzione e gli altri servizi ausiliari. Di recente, la Corte di Giustizia europea (sentenza 28 maggio 2020- C-727/17, Syndyk Masy), ha espressamente qualificato l’attività di produzione di energia come “produzione di un prodotto”, non assimilabile alla prestazione di un servizio. Al contrario, occorre segnalare che l’Allegato I del regolamento (CE) n. 213/2008, relativo alle procedure per gli appalti pubblici, considera, la gestione di una centrale elettrica quale servizio (con il codice 65410000-0).


Risulta, quindi, necessario che sia sciolto il dubbio in merito alla qualificazione dell’attività di produzione dell’energia, come produzione di un bene, a cui sarebbe applicabile la disciplina concernente il mercato interno dell’energia (ovvero tutela della libertà di stabilimento, procedura di autorizzazione di nuovi impianti nel rispetto dei criteri di obiettività, trasparenza e non discriminazione, senza prevedere alcuna disciplina per proroghe o rinnovi), o come prestazione di un servizio, e quindi soggetta alla disciplina dell’art. 12 della Direttiva Bolkestein.


In tale ultimo caso, la Corte Costituzionale richiede un secondo chiarimento interpretativo concernente la riferibilità ai piccoli impianti di derivazione idroelettrica del presupposto della scarsità delle risorse, che determina l’applicabilità della richiamata Direttiva. I giudici costituzionali evidenziano che, le piccole derivazioni idroelettriche, a differenza delle grandi derivazioni, si avvalgono normalmente di impianti con un limitato impatto ambientale e di strutture che hanno dimensioni relativamente ridotte.
Ne deriva che è necessario chiarire se rientri nel margine di discrezionalità degli Stati membri (come sembrerebbe evincibile dalla giurisprudenza nella assimilabile materia delle concessioni balneari marittime) adottare, quale criterio generale e astratto per distinguere la sussistenza o insussistenza di una situazione di scarsità delle risorse idroelettriche, la differenza fra grandi e piccole derivazioni (con potenza nominale media annua maggiore o pari o inferiore a 3000 kW).


Infine, nel caso venisse riconosciuta l’applicabilità della citata Direttiva e non venisse riconosciuto il suddetto margine di discrezionalità, la Corte di Giustizia europea è chiamata a pronunciarsi in merito alla compatibilità dell’art. 12 della Direttiva Bolkestein con la normativa di uno Stato membro che preveda la proroga della durata della concessione, motivata dall’esigenza di consentire al concessionario l’utilizzo integrale degli incentivi ottenuti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, fermo restando il rispetto della durata massima (trent’anni) assegnata a una concessione per piccola derivazione idroelettrica.


I dubbi, le argomentazioni ed i quesiti espressi dalla Corte Costituzionale irrompono in un dialettica di settore che, in assenza dell’auspicato intervento del legislatore nazionale, si trascina ormai in una condizione di stallo, in cui da un lato AGCM insiste nel richiedere la procedura di gara anche per i rinnovi delle concessioni di piccole derivazioni idroelettriche in ottemperanza alla Direttiva Bolkestein e dall’altro molte amministrazioni competenti (Regioni o Province) eccepiscono la mancanza di principi e criteri uniformi ed omogenei dettati da una pertinente normativa nazionale a tutela della concorrenza.   


Mediante l’illustrata ordinanza la Consulta (sviluppando le perplessità già manifestate nella sentenza n.265/2022) entra nel merito affrontando il tema centrale della questione: l’applicabilità della Direttiva Bolkestein alle concessioni di piccole derivazioni idroelettriche, che finora era data per certa da parte di AGCM, di alcuni Tribunali e di alcune amministrazioni locali, i quali ora dovranno necessariamente rimanere in attesa della decisione della Corte di giustizia europea.


Avv. Ambrogio Papa


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Assoidroelettrica, ancora una volta, continua a ribadire che l’unica strada percorribile per sostenere una filiera strategica e completamente italiana sia quella tracciata dalla legge vigente, ovvero il rinnovo automatico della concessione di piccola derivazione in capo al concessionario uscente, come esplicitamente previsto dagli articoli 28 e 30 del Testo Unico delle Acque.